Le Mozzarelle: come sceglierle con consapevolezza!

Posted on 23 giugno 2017

Con l’arrivo dell’estate sono molte le pizze che vengono condite a crudo (ossia dopo la cottura del disco di pasta, come per esempio le focacce), tra queste una è la classica  Focaccia Caprese (nella foto di copertina)  insieme a tante altre.

Volendo trattare in questo articolo specificatamente del prodotto mozzarella, tralascerò ogni discorso inerente l’impasto, i pomodori, e gli altri prodotti per la farcitura di questa pizza, presa più che altro a pretesto … benché siano anch’essi di estrema importanza per la migliore riuscita di questo evergreen della tradizione italiana.

Per la stesura del presente articolo, mi sono ispirato ad una Storia Gastronomica di Daniele Lanza, che saluto e ringrazio, per il prezioso contributo che fornisce all’intiero settore.

La mozzarella Tipico formaggio meridionale, viene classificato come formaggio a pasta filata di consistenza molle. Ed è sicuramente uno dei formaggi più famosi, reso ancora più famoso da molte preparazioni culinarie e soprattutto proprio dalla pizza.

Il termine “mozzarella” deriva dal verbo “mozzare” e descrive l’operazione, eseguita ancora oggi, (nei caseifici artigianali), di tagliare con le mani la pasta filata stringendola tra il dito pollice e l’indice, detta appunto “mozzatura”.

In Italia sviluppa il maggior volume di produzione, con oltre 220.000 tonnellate. Questo dato include sia quelle prodotte a partire dal latte di bufala che quelle vaccine. I due formaggi però godono di sistemi di codifica e tutela decisamente differenti.

mozzarella-di-bufala-consorzio

La Mozzarella di Bufala grazie alla denominazione di origine controllata europea ha un disciplinare di produzione chiaro ed estremamente dettagliato che copre tutti gli aspetti, dall’approvvigionamento del latte fino alla commercializzazione.

Anche se non sempre però viene fatto rispettare e gli scandali anche in questo caso non mancano, ma è comunque un solido punto di partenza.

mozzarella-stgNel mondo della mozzarella vaccina invece regna ancora molta confusione. L’unica tutela è data dal marchio STG, anche se privo di territorialità e indicazioni sulle caratteristiche che dovrebbe avere il latte di partenza.

Abbiamo quindi prodotti estremamente eterogenei fra loro che vanno dal fior di latte di eccellenza prodotto con latte crudo di allevamenti a ciclo chiuso fino ai siluri di pasta filata prodotti con cagliata surgelata estera.

Un quadro abbastanza variegato ed a tratti desolante in cui il consumatore, ma anche il ristoratore, incontra enormi difficoltà a muoversi, finendo spesso per scegliere esclusivamente in base al prezzo di vendita o al marketing più aggressivo e convincente.

Proviamo quindi a fare un po’ di chiarezza.

Per quanto riguarda il latte i caseifici hanno tre possibilità di approvvigionamento: latte locale a raccolta diretta o latte nazionale oppure comunitario, acquistati sul libero mercato. Questo comporta notevoli differenze.

L’utilizzo di latte locale consente di caseificare in giornata, controllando meglio la microflora alterante (vi ricordate il caso delle mozzarelle blu tedesche?) ottenendo così un prodotto di qualità tendenzialmente superiore. Grazie al contributo dei microrganismi autoctoni che rappresentano un insostituibile serbatoio di sapori e odori.

Il problema è che il consumatore non ha accesso a questa informazione, in quanto ad oggi non esiste alcun obbligo di indicare in etichetta la provenienza del latte di partenza.

Così come non possiamo sapere se effettivamente di latte stiamo parlando. Questo perché la normativa consente anche di creare formaggi a pasta filata direttamente da semilavorati, ovvero partendo dalla cagliata surgelata.

In questo caso il blocco di cagliata viene prima sbriciolato, poi disciolto in acqua calda per ottenere un impasto lavorabile e infine filato e pezzato in modo da ricavare singole mozzarelle o siluri. Il tutto, senza aver aggiunto nemmeno una singola goccia di latte fresco.

Questo tipo di prodotto arriva in prevalenza dalla Germania e dai paesi dell’est Europa che hanno trovato questo efficace modo per rifilarci le loro eccedenze di produzione del latte. In virtù di questo parliamo di un semilavorato che ha un costo estremamente contenuto e aggressivo, nonché un’eccellente conservabilità. Peccato che a livello organolettico e di struttura avremo poi una mozzarella insapore e gommosa.

Stiamo però parlando di un prodotto che ha un’enorme diffusione nel nostro paese. Un recente studio dell’università di Foggia fatto su quattordici campioni di mozzarella ha rilevato che ben undici non erano prodotti da latte fresco bensì da cagliata. Questo perché un prodotto di questo tipo si può trovare a partire da 3 Euro al chilo, mentre una mozzarella di qualità difficilmente scende sotto i 5/6 Euro, quasi il doppio quindi.

Esiste poi la mozzarella fatta a partire dal latte fresco ma con acidificazione diretta (viene buttato l’acido citrico direttamente nel latte e via, senza alcun processo di fermentazione) oppure con l’aggiunta di proteine del latte in polvere. Tutte pratiche assolutamente consentite dalla legislazione attuale e di cui il consumatore finale e il ristoratore non vengono messi a conoscenza.

Questo perché non ci troviamo di fronte a un problema di sicurezza alimentare ma semplicemente di qualità e nessuno ha un vero interesse nel difenderla.

Non lo hanno i Paesi membri dell’Unione Europea che con le cagliate spostate da una parte all’altra del continente hanno fatto fortuna, così come non lo hanno i grandi caseifici che riescono ad abbattere i costi di produzione utilizzando questi semi lavorati e tantomeno le pizzerie che preferiscono comprare la mozzarella già cubettata che dura un mese, piuttosto che fare lo sforzo di approvvigionarsi più di frequente da caseifici locali di qualità.

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L’appello allora va all’anello più importante di questa catena, voi consumatori.

Come sempre siete voi con le vostre scelte consapevoli a orientare il mercato.

Nel momento in cui smetterete di acquistare mozzarelle cartonate al supermercato o di accettare pizze ricoperte da quell’orrido strato di formaggio filante giallo, le cose inizieranno lentamente a cambiare.

Riscoprite quindi il piacere di mangiare una mozzarella che sa di latte, burro fresco e yoghurt, tenace e succosa al tempo stesso. Le etichette possono ingannarvi, ma il vostro palato no.

Aspetti tecnici, nutrizionali e commerciali della MOZZARELLA

La mozzarella quale derivato del latte ha un alto valore nutrizionale poiché ricca di proteine, lipidi e glucidi. 100 gr. di mozzarella forniscono in media 250 calorie.

I tipi di mozzarella in commercio a pasta filata, sono diversi; nella versioni fresca la troviamo in pezzature variabili da 25 a 250 gr. e oltre… in filoni da 1kg., cubettata o a julienne in contenitori da 2/3 kg.

Per un utilizzo ottimale sulla pizza …la mozzarella fresca di latte vaccino così coma quella  di Bufala deve essere tagliata in fette sottili e scolate dall’eccessivo contenuto in siero.

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Per un ottimale utilizzo specie di quest’ultima, è consigliato, (per quanto poco realmente praticabile in condizioni di lavoro sostenuto) metterla sulla pizza a metà cottura, così facendo fonderà senza friggere, mantenendo integro e inalterato il suo delicato sapore di latte.

I vari tipi di mozzarella a pasta filata, possono comunque essere posate direttamente sul disco di pasta nella fase di preparazione di pizze classiche cotte al mattone, per quanto riguarda invece la le pizze in teglia, è consigliabile aggiungerla a metà cottura.

Vanno comunque sempre conservate ad una temperatura media di 5° C, perché se lasciate a temperatura ambiente anche per poche ore il siero si divide dal caglio.

Una mozzarella priva di siero (e quindi della sua umidità) in cottura comporterà l’evidenziarsi di chiazze marroni.

Ovviamente molte altre possono essere le informazioni e le considerazioni circa la mozzarella, ma per il momento come prime info di base ritengo che possano essere più che esaustive.

Salutandovi con questo “spazzionato” consiglio per gli acquisti: mozzarella_sibilla

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