LIEVITAZIONE – “NATURALE”: Comprendiamo meglio il significato di queste due parole !!
Posted on 7 novembre 2017
Il termine “naturale”, specie se riferito alla panificazione in questi ultimi anni, è stato sicuramente … (consentitemi il termine) abbastanza snaturato, oltre che abusato…!
Senza allagare quindi il concetto ad altri ambiti merceologici e settori del food, restando in quello dell’arte bianca, per non dar luogo ad uletriori fraintendimenti, cominciamo quindi col chiarire che cosa si intende per LIEVITO:
- il lievito è una sostanza che unita a un’altra le permette di crescere in volume e serve generalmente per far crescere impasti dolci e salati.
- Il lievito comunemente usato per fare il pane è il lievito di birra (o lievito compresso), una preparazione che consiste in un concentrato di Saccaromyces cerevisiae, un fungo che fa ciò che fanno tutti i lieviti: consumano carboidrati e li trasformano in alcol e anidride carbonica. Nel pane quest’ultima è il prodotto più importante: le bolle fanno crescere il pane, gli danno leggerezza. L’alcol evapora durante la cottura.
- ULTERIORI SPECIFICI APPROFONDIMENTI SUI LIEVITI IN QUESTI LINK NEL MIO BLOG:
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Il LIEVITO per PIZZA e PANE: Consigli ed Avvertenze sul loro utilizzo!
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Ecco perché la Pizza con il Lievito madre… (almeno solo con quello) sarebbe una “Bufala”!
Una volta chiarito per quanto possibile in questo contesto il termine “LIEVITAZIONE”, passiamo alla parola “naturale”, e quì chiamo in causa la Dott.ssa Simona Lauri, Tecnologo Alimentare di fama internazionale, nota esperta consulente di panificazione, che in un articolo di qualche anno fà dava ampi chiarimenti in riferimento al termine “NATURALE” riferito alla panificazione e all’arte bianca più in generale …!
Lievito Fresco e Madre a confronto
Lievito Fresco Compresso (Saccharomyces cerevisiae) o Lievito di Pasta Acida Naturale (Pasta Madre): da quando la scelta é diventata un dilemma Shakespeariano!?
In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un impensabile quanto immaginario boom mediatico, economico, d’immagine della madre o lievito di pasta acida naturale (fig. 1); inteso come simbolo di professionismo assoluto da parte di qualche tecnico/consulente di arte bianca o, ancora peggio, come condicio sine qua non per non essere annoverati nella schiera degli incapaci.
Mi riferisco alle accuse mosse ai tanti e seri professionisti artigiani che usano quotidianamente il lievito fresco compresso e che considerano fare il pane una vera e propria arte; non a coloro i quali ne abusano con percentuali che superano il 5,0% sulla farina, lavorando sempre e solo con il metodo diretto, pensando di ridurre i tempi di lavorazione per guadagnare di più.
Scusate, ma sinceramente sono stanca di leggere continui attacchi ingiustificati al lievito compresso fresco o di birra o industriale o Saccharomyces cerevisiae (fig. 2 e 3) da parte di boriosi personaggi che fino al giorno prima lavoravano solo ed esclusivamente con il S. cerevisiae (lo chiamo con il suo reale nome scientifico) e all’improvviso, per convenienza personale, diventano sostenitori e paladini della madre ritenendola il solo ed unico lievito naturale.
Il lievito (Saccharomyces cerevisiae)
Come ho già scritto e ripetuto in più di un’occasione il S. cerevisiae è l’unico nel settore della panificazione a vantare il sacrosanto diritto di essere, da un punto di vista microbiologico e scientifico, un vero e proprio lievito, poiché lo è a tutti gli effetti.
Giustamente, l’intera comunità scientifica si ribella quando sente certi personaggi affermare che “il lievito fresco non è un lievito”. A questi “luminari” faccio notare ancora una volta che il Saccharomyces cerevisiae è un organismo cellulare modello, in citologia e in genetica, ed è stato il primo eucariota ad avere il genoma sequenziato nel 1996.
Scientificamente parlando è una cellula eucariota, blastomicete appartenente al regno dei funghi, Phylum Ascomycota, sottodivisione Saccharomycotina, classe Ascomycetes ordine Endomycetales Saccharomycetales, famiglia Saccharomycetaceae, sottofamiglia Saccharomycoideae, genere Saccharomyces, specie cerevisiae.
Il lievito naturale di pasta acida (madre)
Personalmente ritengo sia ora di farla finita col dire certe castronerie: la madre o lievito naturale di pasta acida a par suo, a livello artigianale, è invece un complesso ecosistema biologico comprendente più di 50 specie di batteri lattici appartenenti ai generi Lactobacillus, Pediococcus, ecc. e più di 20 specie di lieviti appartenenti ai generi Saccharomyces, Candida ecc.
E’ una microflora autoctona aspecifica in continua evoluzione in cui predominano i batteri lattici sulle colture dei lieviti in un rapporto approssimativo di 100:1. Nel linguaggio tecnico comune, tra i professionisti del settore, è identificato come lievito di pasta acida (fig. 4), anche se in realtà microbiologicamente parlando non è un “lievito”, bensì appunto una microflora selvaggia in cui predominano cellule procariote.
Quale scegliere: lievito fresco o madre?
Chiarito, spero definitivamente questo punto, ritorniamo al dilemma iniziale: lievito fresco o madre? Il S. cerevisiae o lievito fresco è stato accusato di essere il responsabile di allergie e/o intolleranze e di essere la causa primaria di questo purtroppo nuovo grave problema sociale. Eppure si usa da secoli (così come la madre); pertanto perché tutto così all’improvviso?
Io una risposta modesta penso di averla: non è colpa dell’uso del S. cerevisiae tal quale, bensì dell’abuso che si è fatto in questi anni e si continua a fare, da quando cioè il pane è diventato una “moda” mediatica ed ha perso il suo reale significato di “arte”. Questo vale per tutti: professionisti del settore, consumatori che s’improvvisano panificatori, maestri blasonati, consulenti del settore, food bloggers, chefs e casalinghe. Nessuno escluso. Farina, acqua, sale, lievito fresco e… il gioco è fatto.
Per carità tutto è possibile, ma… come? Ecco allora che spopolano sul web, nei blog, nei forum, nei gruppi sui principali Social Network e sulle reti televisive satellitari e terrestri, riviste di cucina cartacee per massaie, alcune ricette che rappresentano un vero e proprio “oltraggio” alla salute pubblica i cui prodotti di panetteria sono realizzati con dosi di lievito fresco mediamente del 5,0% sulla farina.
Chi pubblica la foto del prodotto, qualche volta si vanta di aver fatto un pane buonissimo e meraviglioso e così il contagio della ricetta e delle stupidaggini a essa connesse si diffonde a macchia d’olio. Questi personaggi sono gli stessi che accusano i panificatori artigianali (professionisti del settore) di aver messo troppo lievito e quindi escono con affermazioni del tipo: “Il medico mi ha detto che sono allergica/o al lievito. Il pane me lo faccio da sola a casa con la macchina e con la ricetta che ho letto sull’ultima rivista di cucina!”
E’ chiaro che a loro volta provano le ricette trovate sul cartaceo, sul web o ascoltano programmi specifici sulle reti televisive condotti da professionisti poco seri (per carità, non tutti!) che spopolano e che insegnano a fare il pane, la pizza e le focacce con metodica diretta e dosi di lievito fresco prossime al 5,0 – 6,0%; in parole più semplici 40 – 50 – 60 g di lievito fresco per chilogrammo di farina.
E magari sono gli stessi che qualche puntata dopo, fanno vedere a panificare con il lievito madre (fig. 5) e dichiarano ai telespettatori “Io ho sempre lavorato con la madre e per me non esiste il lievito fresco!” o, ancora peggio, certi illustri personaggi che nei forum sul web vantano fantasiose conoscenze microbiologiche definendo le cellule di lievito “embrioni”.
D’altro canto la madre o lievito di pasta acida naturale (che tra l’altro contiene S. cerevisiae come contaminante naturale!) è diventata l’icona per eccellenza del cibo sano e salutare, gusto, aromi e profumi impagabili, digeribilità assoluta, pur con lo scotto di una metodica lunga e laboriosa ed erroneamente (a mio modesto parere!) di estrema fragranza e leggerezza del prodotto a danno di quello che per secoli ha accompagnato le notti dei panificatori/pizzaioli nella preparazione della biga, del poolish ecc.
Non sono qui né ad elogiare l’una, né a difendere l’altra lavorazione, ma solamente ad esprimere la mia personalissima, tecnica e scientifica opinione su entrambe le modalità. In parole semplici: ottimi entrambi. Se il discorso è riferito ad un impasto per pizza, si possono ottenere ottimi risultati in entrambi i casi purché si rispetti la naturale tempistica della maturazione. La fragranza e la digeribilità di un impasto possono essere ottenute in entrambi i casi agendo non solo sulla riduzione delle dosi/percentuale di lievito fresco, ma anche sul metodo utilizzato (biga, poolish ecc.) tempo/temperatura di maturazione, idratazione e fermentazione dello stesso.
Ora la scelta di usare una tipologia di lievito piuttosto che un’altra o entrambe nelle cosiddette “lavorazioni miste”, rientra quindi solo ed esclusivamente nelle decisioni personali dettate da una serie di fattori: prodotto che si vuole ottenere, tempistica di lavoro, metodica di produzione, aromi e profumi che si desiderano raggiungere, leggerezza e maturazione della massa, abilità e manualità, conoscenze tecniche ecc. Se invece il discorso si sposta sul pane, direi che determinati prodotti di panetteria non si possono fare senza la madre (grandi lievitati, prodotti tipici tradizionali, ecc.) cosi come non si possono fare con la sola madre prodotti come il pane soffiato ecc.
Conclusioni
A conclusione direi che, se da un lato la madre impartisce sensazioni organolettiche e shelf life impagabili, è anche vero che vi sono altre tecniche con il lievito fresco che permettono di raggiungere elevatissimi livelli qualitativi a favore di una più semplice gestione in minor tempo. Ritengo pertanto che ogni professionista debba sentirsi libero di usare la metodica che ritiene più opportuna.
Ai panificatori artigiani dico che il pane è arte e deve restare tale; non è sinonimo di bravura pensare di fare il pane in due ore (dosi al 5,0% di lievito fresco o peggio!), ma di presunzione e d’ignoranza (nel senso latino del termine!).
Alle massaie dico invece di leggere attentamente le ricette, fare le dovute proporzioni di dosi e pensare seriamente a quello che stanno facendo, poichè possono essere loro stesse la causa delle proprie intolleranze.
Infine, ai personaggi televisivi ricordo che i riflettori prima o poi si spengono e che il pubblico dei semplici “appassionati” è molto molto più preparato tecnicamente di loro; mentre ai boriosi tecnici/maestri del settore… Beh, smettetela di dire e scrivere stupidaggini scientifiche (alla fine l’ignoranza paga) e guardatevi nell’anima!
Fonte:
Simona Lauri
Tecnologo Alimentare
Pubblicato il: 16/06/2014 su: www.taff.biz
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