PIZZAIOLO o MANAGER !?

Posted on 2 aprile 2020

Essere un bravo pizzaiolo o un ottimo chef oggi  non basta più: occorrono più “manager” del cibo !

Non basta più essere pizzaioli o chef senza rivali; saper disporre le pietanze con l’eleganza che compete ad un artista; dosare gli ingredienti di un cocktail perfetto o semplicemente abbinare al cibo il vino giusto.

Per avere successo nella realtà del Pizza&Food bisogna avere l’occhio e i modi dell’imprenditore, talenti più prosaici ma fondamentali per emergere ed esistere nella realta professionale odiera.

«Un bel piatto non porta da nessuna parte» – Expo 2015, show cooking, programmi tv. Proprio nel momento in cui l’alimentazione accresce il suo appeal, e le proposte proliferano assieme alle ambizioni, è fondamentale affrontarla con background più complessi, completi, elaborati.

Per dirla in maniera più immediata e comprensibile, «un bel piatto, servito bene, non è sufficiente: ce ne sono in giro troppi». Ecco perché un primo corso Food&Wine Business Management, al via a maggio per 160 ore di lezione che si protrarranno per due giorni al mese fino al successivo aprile, «non vuole essere una replica di corsi che già esistono – osserva il responsabile Andrea Martone, docente del dipartimento di economia aziendale alla Supsi – Non insegneremo a diventare cuochi, camerieri, baristi, ma a fare business».

Il cibo e il bere restano materia prima, ma quello che sta intorno non rimane secondario sullo sfondo, anzi, una location coerente e adeguata, un personale consapevole e motivato, una comunicazione efficace e all’avanguardia saranno la chiave di volta per riuscire a differenziarsi, che è poi la chiave del successo imprenditoriale in genere che non può assolutamente essere il frutto dell’improvvisazione.

Neuroscienze e storytelling per avere successo – Quindici posti, target per chi vuole aprire il suo locale o chi vuole gestire quello degli altri, puro management.

Che cosa si impara? Di certo «non a cucinare. Le lezioni saranno ripartite in quattro moduli». Più originale l’ultimo, “comunicazione per l’enogastronomia”: accanto a già noti marketing di base o digital marketing, troveranno spazio neuroscienze e storytelling.

«È importante capire come il cervello del consumatore reagisce alle proposte. E la comunicazione non è solo pubblicità. Se porti il cliente in cantina, gli gli fai vedere dove invecchiano i formaggi, se gli racconti la storia di famiglia e come il nonno dal nulla ha costruito tutto, rendi l’esperienza unica».

Il segreto: essere unici – Unicità, parola d’ordine o parola chiave, che un po’ va giocoforza inventata, adattata a propria somiglianza e immagine. «Non c’è una formula per essere unici, altrimenti diventerebbe standardizzazione e perderebbe di senso.

Non possiamo insegnarla, ciascuno ci deve mettere del suo. Quel che conta è comprendere il senso di un’idea che non è nuova, ma che ha bisogno di essere portata alla ribalta». E che non significa rinnegare la tradizione, ma «valorizzarla e rappresentarla in modo diverso».

Le buone idee non si copiano – Si comincia con un cooking warming, per creare il gruppo. «La fiducia nell’altro è fondamentale, se si devono condividere idee. Altrimenti si è sopraffatti da invidia e silenzi. In fondo le idee buone non sono copiabili». Si parte così, un poco in sordina, «ma non è escluso che ci allargheremo, in futuro».

Fonte: Tio.ch


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